MADONNINA E MADONNARA
10.07.2008
Ai miei tempi a Carpi c’erano due categorie di ragazze: quelle del Centro, che avevano la compagnia in quel mezzo metro di portico universalmente noto come “LA CATENA”; e tutte le altre che venivano dai quartieri periferici, decisamente più cheap. Queste ultime, o odiavano le “catenare” e adottavano per contrasto look punk/metallari, oppure le invidiavano, e cercavano di venire accolte in quel club esclusivo passeggiando con insistenza davanti a loro (alle volte finivano umiliate a suon di battute e lanci di monetine).
Io mi posizionavo esattamente a metà: la mia famiglia, per amore di uguaglianza e giustizia, mi aveva precluso l’iter della FDBFC (Figlia Di Buona Famiglia Carpigiana), per cui non avevo un background di scuole d’infanzia ed elementari che mi legasse alla Carpi da Bere, ma ero troppo leccatina per poter diventare una di quelle ragazze “fuori dalle mura”. Avevo il look e l’atteggiamento giusti, ma non possedevo quel “quid” che faceva e fa tuttora di loro delle icone irraggiungibili.
Prima di tutto hanno quell’aria annoiata e assonnata da “chissà cos’ho fatto stanotte” che io non avrò mai, perché anche se faccio le cinque del mattino, è matematico che alle 9.30 massimo sono già sveglia e arzilla. Sindrome da “Istituto professionale”, dicono.
Quando parlano, la loro voce è un’ottava più bassa delle altre e molto roca (perché fumano ma in maniera poco convulsa, e ancor meno convinta), e il loro eloquio è cantilenante, monocorde e ipnotico. Negli anni hanno elaborato un complicato sistema di decodificazione delle parole: per fare un esempio, se dicono “come stai bene oggi!”, è meglio correre a casa a cambiarsi perchè sicuramente hanno trovato nel nostro look qualcosa di esilarante per cui ti sfotteranno a vita.
Non esibiscono spudoratamente le griffe che indossano, ma addosso a loro non c’è niente che costi meno di 100 €: creano abbinamenti in un modo assurdo, che però su di loro ha un effetto cosmopolita: se vanno al mercatino a Bologna scovano delle chicche vintage favolose: alla stessa bancarella, io rimedio soltanto delle ciofeche puzzolenti a un prezzo esagerato, che mai indosserò.
I loro capelli sono sempre lucidi, preferibilmente lunghi, non importa se biondi o castani, ma assolutamente naturali: sembrano esserci nate e perfettamente a loro agio, anche se sono opera di un famoso parrucchiere di Milano. Ovviamente, ogni volta che dal parrucchiere ci vado io, esco con la messa in piega di Nicoletta Orsomando e le meches violastre. E se non me li piastro, rischio di essere scambiata per Amy Winehouse dopo (o anche prima) il rehab.
Non sono necessariamente magre, ma in loro il grasso sembra avere delle regole che sfidano le leggi della fisica e della gravità: sono sempre proporzionate, perché comunque il loro fisico è modellato da anni e anni di danza alla Scuola Storchi, di tennis al Circolo, o di nuoto sotto lo sguardo teutonico della Andrea e quello appagato di Mauro Clò. Il mio fisico è stato modellato da duri allenamenti sul divano di casa mia a guardare “Vita da Strega” e mangiare Tegolini del Mulino Bianco.
Si truccano? Nessuno può dimostrarlo, anche se spesso se ne vedono due o tre entrare dalla Maria Giovanna (ma potrebbe essere perché sono amiche della proprietaria e si sono fermate a darle un saluto veloce). In ogni caso, non usano Deborah o Rimmel e non vanno al Determarket. Per loro solo Kiehl, Kanebo, Kenzoki, e più il nome echeggia accenti nipponici, più sarà oggetto delle loro brame. Io devo aver fatto un po’ di confusione, perché al megastore di Benetton mi hanno guardato malissimo dopo che avevo chiesto loro il siero antirughe alle erbe himalaiane della Sisley.
Vivono in quartieri residenziali (zona Berengario o Via Verdi), in case singole che trasudano tranquillità economica. Non hanno una loro camera, ma un’intera ala della casa per loro, con bagno personale, letto doppio e stanza armadio. Passano l’estate a Santa Croce, nella residenza estiva della famiglia, o al Club (rigorosamente Giardino) tra un tennis svogliato e un aperitivo annoiato.
Le più ribelli, nell’età dei primi bollori, sfidano i loro genitori mettendosi con ragazzi di periferia che (orrore!) già lavorano, ma rientrano presto nei ranghi e sposano un loro simile, perché se le donne vengono da Venere e gli uomini da Marte, loro sono invece ben piantate sulla Terra e sanno benissimo che il mondo gira in tutta un’altra direzione.
Sono superficiali, ciniche, arroganti, viziate, stronze. In parole povere, il mio mito.