GENTE DELLA NOTTE
2.4.2009

Qualche giorno fa.
Ero in macchina, in centro a Modena, con la stessa espressione incazzata di Michael Douglas in “Un giorno di ordinaria follia” o di Clint Eastwood in “Gran Torino” (due capolavori, vederli assolutamente), perché trovare parcheggio in centro e guidare tra sensi unici nuovi, zone a traffico limitato, strisce blu, strisce gialle, corsie BUS, corsie tram, pedoni narcotizzati e ciclisti dopati, metterebbe a dura prova anche un santo.
L’ incazzatura si era tra l’altro acutizzata, in seguito alla scoperta che il mio rifornitore ufficiale di scarpe di marca a prezzi di stock (tappa obbligata in tutte le mie trasferte a Modena) adesso vende scarpe orribili e terrificantemente cheap, quindi neanche regalate le prenderei in considerazione.
Nel voltare non so neanche bene dove, incastrata nel fiume di macchine che scorreva lentamente, ho avuto un guizzo (dei miei soliti) di memoria involontaria: Via Moreali. Dopo avere rapidamente escluso che si trattasse di una via in cui avevo studiato, in cui c’erano negozi particolari, in cui vivevano alcuni miei compagni di corso (tanti), o mie vecchie fiamme (pochi) ho finalmente realizzato che in Via Moreali c’era un forno favoloso la cui specialità era essere aperto al pubblico fino a tarda ora (o dalla mattina molto presto, a seconda della generazione). Se ci sia ancora, questo lo ignoro, perché un bel divieto di accesso mi ha impedito di entrare nella via, e, nel dedalo di stradine alberate, non sono riuscita a tornare in quel punto.
Ammetto che c’è stato il periodo che ho studiato a Modena in cui ho un po’ trascurato Carpi e i suoi luoghi, onde poi tornarci a gambe levate dopo aver scoperto la pasta dei modenesi (aprirò un file molto a breve): in quel momento, però, studiare lì mi aveva fatto socializzare con una compagnia molto divertente e, assieme a una frangia di altri amici carpigiani separatisti, abbiamo passato con loro delle serate davvero divertenti.
E’ vero, Modena non aveva un ateneo di tradizione goliardica, storica e neanche fricchettona come Bologna (per citarne uno), però poteva contare sulla grande presenza di giovani che tiravano avanti dando giusto gli esami per scampare il militare (maschi) o guadagnarsi la paghetta (femmine).
La cosa che mi piaceva della vita sociale modenese era che il centro aveva momenti di grande fervore: in centro trovavi ristorantini sciccosi, ma anche disco bar improvvisati che trionfavano giusto per una stagione poi ricadevano nell’oblio; non c’era bisogno di andare nelle grandi discoteche di campagna per trovare un po’ di movida, e la varietà di accenti che sentivi ti dava anche un po’ l’impressione di essere in vacanza. D’estate, negli anni bui in cui anche i Martiri della nostra gloriosa Piazza se la sarebbero volentieri data a gambe, Modena si riempiva di gente. I più tradizionalisti transitavano sui viali e sedevano ai tavolini dei chioschi per mangiarsi un gelato e osservare lo struscio dai posti d’onore (i dondoli); i più alternativi, o anche squattrinati (perché sui viali tra gelato e caffè partivano circa diecimila lire del vecchio conio e per noi erano tanti…) ripiegavano invece sui Cortili, cortili veri e propri di residenze storiche che accoglievano serate di musica, intrattenimento, lettura, musica di ogni genere. Ai Cortili incontravo le amiche del corso di diritto civile, il piacione del corso di penale, le famiglie che cercavano di sfuggire alla canicola padana, il venditore di fumo con la sua clientela, l’assistente fico del professore terribile.
Che fosse inverno o estate, che fuori ci fossero meno dieci o quaranta gradi, che fosse l’una o le cinque, l’ultima tappa prima di tornare a Carpi era proprio il forno di Via Moreali, e dopo una serata passata a bere (attivamente), fumare (passivamente) e ciozzare (in entrambi i modi), tenere in mano la stria allo stracchino bollente dava un conforto che poche altre volte ho ravvisato. A tal punto che non mi importava se il bersaglio delle mie mire amorose si trovasse così vicino a me da vedere come la addentavo selvaggiamente, lasciando uscire da sotto il formaggio liquefatto. Dopo questo rituale di purificazione che un po’ annullava i bagordi di qualche ora prima, eravamo pronti a tornare a casa e dormire, pancia piena e fumi dell’alcool placati.
A ben pensarci,anche la pasticceria di Vasco Rossi (dopo il Fantasia), il Bar Giulio (dopo l’Adrenaline), Scazza (dopo il Dna), Mc Donald a Firenze (dopo una delle feste del Pitti), Bombo (dopo il Pascià) mi hanno lasciato quella stessa sensazione di rappacificamento col mondo, che ancora oggi porto con me quando, in qualunque posto del mondo mi trovi, qualunque cosa stia facendo, qualunque sia il mio stato d’animo, qualcosa di improvviso e assolutamente imprevisto me la riporta alla mente.

 
 
 
 
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