DE AMICITIA
4.12.2008
DE AMICITIA
Già all’asilo avevo snasato che essere amica di qualcuno poteva avere i suoi lati negativi: tra tutte, una bambina in particolare, Maria, era la mia amica del cuore. Non so bene che attrattive potesse avere perché aveva sempre sul viso una patina di “musnento” e già un accenno di peluria scura sulle basette, ma a me stava simpatica e basta.
A quell’età, si sa, non si ha ancora il pieno controllo del proprio corpo, per cui un giorno Maria non arrivò in tempo in bagno e se la fece addosso. Sono cose che capitano, è roba santa, ma la suora che doveva pulire quello sfacelo non era della stessa idea e, mentre io assistevo un po’ schifata alla pulizia del bagno (la mia memoria un po’ teatrale me lo fa ricordare come sporcato fino a metà parete!) ebbene questa suora, forse ispirata dal suo spirito di carità e cristianità, mi disse in malo modo: “È amica tua, dovresti aiutarci a pulire”. Questo sancì la fine della mia amicizia con Maria e l’inizio del mio estremo relativismo cattolico.
Elementari e medie: ovvero, la repressione totale dell’ego.
Il mio desiderio di omologazione era tale che ogni cosa potesse rappresentare un fattore di diversità era debellata sul nascere. Mi piaceva “Il Piccolo Chimico” invece che giocare a Barbie? E nessuno lo avrebbe mai scoperto. In quel periodo quindi ho sempre vissuto le mie amicizie col terrore di venire scoperta mentre leggevo Asimov o ascoltavo De Andrè; ero assolutamente neutrale ed anonima, accondiscendente e un po’ defilata. Questa in un certo senso è stata la mia fortuna sociale. Sono riuscita a consolidare conoscenze ovunque e con chiunque, e a tutt’oggi continuo a essere accettata un po’ dappertutto. Morale: non è mai troppo presto per fare PR o PC (Para Culo).
Liceo:“Se il mare fosse inchiostro e il cielo fosse un foglio, non basterebbe a scriverti tutto il bene che ti voglio”. “Forse per il mondo sei solo una persona, ma per una persona sei tutto il mondo”
Queste sono alcune dediche che qualche amica ha scritto sul mio storico diario con i caratteri bombati e le firme illeggibili, sormontate da “XXXXXXX” e “TVTTTTTTB”. Tra le citazioni de “il Paninaro”, le foto di Simon Le Bon, i ritagli di “Sorrisi” con i testi delle canzoni e gli adesivi di Cioè, l’amica era quella che condivideva con te ogni particolare più sordido delle tue storie tese, quella che ti accompagnava sempre in bagno, che si vestiva come te, che ti dava ragione sempre e assolutamente e che andava in avanscoperta da quello che ti piaceva per sondare il terreno. Con lei ti truccavi, ti davi tonnellate di lacca, compravi i Tampax, andavi agli autoscontri e stavi ore ed ore al telefono (la Tariffa Urbana a Tempo l’hanno inventata con la mia generazione, e posso intuire perchè). Solo lei aveva libero accesso al mio diario, in cui scrivevo forsennatamente pensieri, riflessioni, stralci di poesie molto crepuscolari, e il nome dei miei amori segreti, rigorosamente in alfabeto Morse codificato con la chiave A:O. (per i profani: alla A corrispondeva la O, alla B la P ecc.. (si, avevo anche io il Manuale delle Giovani Marmotte). Unico neo delle amicizie adolescenziali: l’assoluta mancanza di selettività. Chiunque mi andasse a genio diventava subito il mio migliore amico, non senza bruschi risvegli e cattive sorprese. In effetti leggo ancora sul mio diario di allora che “La buona amica è quella che ti asciuga le lacrime. La vera amica è quella che a volte te le fa scendere”, e allora la cosa mi era sembrata così bella da commuovermi, salvo poi scoprire che le lacrime in questione non erano necessariamente dovute a scomode verità cui solo l’amica del cuore sapeva mettermi di fronte, bensì al fatto che se n’era scappata al Fantasia con il mio moroso e con la minigonna che le avevo generosamente prestato..
Per fortuna dai vent’anni ad oggi ho imparato ad accettare me stessa e gli altri, a smussare gli angoli, a capire il vero senso dell’amicizia e la differenza tra amici e conoscenti; ho tagliato i rami secchi e faccio parte di quel mondo di adulti che orgogliosamente contano i loro migliori amici sulle dita di una mano..
Certo che, quando al venerdì mi trovo in PIZZERIA (alle 21.30 e alle 22.00 abbiamo già mangiato) con le 3 amiche VERE che da bere prendono una mezza naturale e una Fanta light (e la mia birra media mi fa sentire un’alcolista) ordinano insalata e ananas e si parla di mobbing, mutui e Gelmini, un po’ di malinconia per quelle tavolate immense, chiassose e becere di un tempo mi prende e, tornando a casa (alle 22.45), mi fermo da Blockbuster per noleggiare la trilogia di Moccia, “Il Tempo delle Mele” e “ Sapore di Mare”, giusto per riassaporare quella sana e allegra superficialità dei miei anni ‘80… e magari dopo cerco pure la povera Maria su Facebook..