HELL's KITCHEN
25.09.2008

HELL’S KITCHEN
In principio erano gli INCAZ: nessun errore di battitura: non si tratta della civiltà precolombiana delle Ande. Intendo proprio quella pizzeria in zona Remesina chiamata così per la simpatia travolgente dei gestori: madre, padre e figlio che in confronto la famiglia Addams potrebbe andare sulla copertina di “Oggi”. L’arredo era essenziale (fòrmica anche nei bicchieri), i piatti a fiorellini erano sbeccati, il padre si aggirava cupo per i tavoli (credo di non avere mai sentito la sua voce), il figlio aveva una memoria esagerata (ricordava a memoria le ordinazioni di 15 persone) e parlava in falsetto, la madre passava le serate a lavorare la pasta, con un’espressione di puro odio sul volto. La pizza però (nonostante il diametro non fosse superiore ai 18 cm) era molto buona, e con 5000 lire ci usciva una cena. Anche allora era davvero a buon mercato, e ci facevamo spesso andare bene tutto il resto perché si sa, i soldi erano pochini e si tenevano per la consumazione al Fantasia.
Gira voce che, per contrasti con il socio di maggioranza (lo scarafaggio gigante che aveva lo studio nel bagno), gli INCAZ abbiano chiuso bottega intorno al 2000, probabilmente anche perché con l’avvento dell’euro non era possibile essere così a buon mercato, o forse perché di soldi ne avevano fatti davvero tanti e hanno preferito godersi la meritata pensione nel laghetto della casa degli Usher.
Fatto sta che il nuovo secolo e il nuovo conio hanno reso molto care anche le restanti pizzerie, e piuttosto che spendere 30 euro a cranio per una margherita e una birra media, noi pecoroni abbiamo gradatamente optato per spendere 50 euro a testa ma almeno cenando in ambienti più eleganti: di qui tutto un fiorire di ristoranti più o meno fortunati, che bene o male nelle mie scorribande ho bazzicato un po’ tutti, tanto che se a qualche temerario venisse voglia di aprire un locale, avrei un paio di suggerimenti per lui, forte della mia esperienza.
Innanzitutto il locale deve essere rigorosamente in centro, in zona pedonale e a traffico limitato, in modo da dover fare 14 giri con la macchina prima di trovare parcheggio, sperando che non ci siano in giro i vigili. La gente deve imparare a guadagnarsi le cose, e un parcheggio spazioso, sicuro e comodo fa davvero troppo “Cardinal”..
I coperti devono essere pochi, pochissimi: create nella gente la sensazione di essere tra gli eletti; fate aspettare almeno 30 minuti anche chi ha prenotato da settimane. Non siate troppo confidenziali con TUTTI: avete il dovere di essere spudoratamente parziali: accoglierete l’amico magliaio con pacche sulla spalla, abbracci fraterni, siederete al suo tavolo parlando a voce alta consapevoli di disturbare il resto del locale. Gli permetterete di fumare, gli porterete QUELLA bottiglia di vino e gliela porgerete come se fosse un ordigno inesploso. Preparerete solo per lui antipasti, stuzzichini, culatelli pregiati e snobberete platealmente coloro la cui unica colpa è di far parte degli ALTRI.
Tra il vostro personale deve assolutamente esserci un cameriere gay misogino quanto Ferrè, ghignoso quanto Alfonso Signorini, egocentrico quanto Dolce e Gabbana, e bravo a sparire quanto il fantasma di Versace. Istruitelo a dovere su come trattare i clienti: da Victoria Beckham in giù sono tutti pezzenti. Affiancategli una ragazza altissima, magrissima, stronzissima: meno questa sa fare, meglio sarà.
Lasciate sempre un tavolo vuoto, con il secchiello del ghiaccio pronto e la scritta “Riservato” a caratteri cubitali: creerà negli altri un senso di attesa per l’ospite misterioso che , ça va sans dire, non esiste.
Applicate il “Teorema” di Marco Ferradini con gli avventori del locale: “prendi un cliente, trattalo male, lascia che aspetti per ore, non farti vivo e, quando ti trova, fallo come fosse un favore, fa sentire che è poco importante, dosa bene amore e crudeltà…” e così via, magari tralasciando la parte “fuori dal letto nessuna pietà” che non a tutti potrebbe essere gradita.
Ho volutamente tralasciato l’argomento cibo: se giocate bene le vostre carte, a Carpi siete a posto senza bisogno di avere Jamie Oliver in cucina.

 
 
 
 
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